Carciofo alla giudia: mito, ricetta e ristoranti per provarlo

Carciofo alla giudia: mito, ricetta e ristoranti per provarlo

La ricetta del Carciofo alla giudia, alcuni trucchi
Spruzzare acqua fredda
I piatti tipici della cucina giudaico-romana: le regole sono ferree
Aliciotti e indivia romana
Carne secca
Stracotto ebraico romano
Concia di zucchine
Coppiette
Pizza di Beridde

Morbido e croccante. Sapido e dolce. Dorato. Divertente. Il carciofo romanesco detto «mammola» o «cimarolo» non ha spine. Duro, chiuso come un pugno e rotondo, è originario della zona del litorale romano tra Cerveteri e Ladispoli, con la punta del triangolo che tocca Campagnano.

Fu con la riforma agraria degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, che quelle terre, 8800 ettari espropriati delle terre da Castello Odescalchi sul mare, vennero assegnati a mezzadri e pastori originari di Marche e Abruzzo. Il carciofo conquista le sue zone e già nel 1950 nasce a Ladispoli la prima «Sagra del carciofo romanesco».

Una delle sue preparazioni più note, il carciofo alla giudia, simbolo della cucina giudaico-romanesca e del Ghetto romano, ha anch’esso una storia decisamente antica. Già in ricettari del II secolo si trova menzione della ricetta, che forse non uguale ma molto simile, si può provare nei ristoranti attorno Portico d’Ottavia. Sono ristoranti dove la cucina tradizionale romanesca segue le regole del Kasherut, con risultati sempre interessanti.

DOVE MANGIARLO
Al Ristorante Bella Carne ad esempio il proprietario Alberto Ouazana, insieme allo chef Paolo de Bonis, per il pranzo non lesinano suggerimenti, spiegazioni e aneddoti, utilissimi per chi si avvicina alla cucina Kosher. La carne secca di manzo sostituisce il maiale fino a non far rimpiangere il guanciale nella carbonara, dove però si sente la mancanza del pecorino. Il carciofo alla giudia impera tra gli antipasti, insieme a concia, coppiette e aliciotti con indivia; tra i primi oltre a quelli tipici della cucina romana sono ottimi i tonnarelli con carciofi stufati e carne secca e vari tipi di cous cous; tradizionali i secondi di interiora come la coratella coi carciofi, la pagliata alla cacciatora o il fritto del pecoraro (cervello, abbacchio, zucchine e carciofi) oltre a tutto ciò di manzo, pollo, vitella e agnello che può essere grigliato. Tra i dolci tipiche le pizzarelle e il misto di dolci ebraici.

La trattoria da Sora Margherita è decorata con poster vintage ed ha pochi tavoli: per questo adotta un orario a due turni per la cena, ma a pranzo basta prenotare. Nasce nel 1927 ed è un locale caratteristico e fuori dal tempo, dove si possono assaporare i piatti tipici della tradizione romana come i carciofi alla giudia, fettuccine e agnolotti fatti a mano, concia di zucchine e la torta di ricotta e visciole; il menù segue rigorosamente le cadenze stagionali e, settimanalmente, quelle della tradizione romana: giovedì gnocchi, sabato trippa.

La Taverna del Ghetto ha una semplice sala da pranzo con archi in mattoni e il menù offre tutto quanto concesso dalla tradizione giudaico-romana: felafel, humus, l’immancabile carciofo alla giudia per antipasti; cous cous, zuppa ebraica, tagliatelle, fettuccine e lasagne per primi; pesce e carne per secondo, con in primo piano il goulash ebraico o la coratella di abbacchio coi carciofi.

Nonna Betta è un locale intimo, con le antiche pareti affrescate; osserva il Kasherut tanto che ha due menù separati, uno per la carne e uno per il pesce o il formaggio; le fritture sono leggere e serve il babaganoush, detto anche caviale di melanzane, una salsa mediorientale a base appunto di melanzane ridotte in purea condite con olio, sale e pepe e aromatizzata con succo di limone, aglio e tahina (crema di semi di sesamo). Il tutto spruzzato con foglie di menta fresca tritata.

All’Antico forno Boccione si può trovare la crostata di ricotta e visciole, i bruscolini (semi di zucca) caldi e la pizza di Beridde, mentre all’Antico Forno Urbani, aperto dal 1927, la pizza bianca al taglio è veramente speciale; e per consentire la consumazione della ormai famosa “pizza e mortazza“, la pizza con la mortadella tanto cara ai romani, la sforna in due ambienti separati. Altra specialità sono la rossa romana, classica pizza rossa molto bassa e croccante condita con pomodoro e origano, e gli ossi, tipici panini ebraici da farcire.

DolceRoma è probabilmente l’unica pasticceria austriaca della Capitale; presente dal 1988, vi si può gustare un’ottima Sacher, uno strudel, i dobos o comprare un brezeln, i topfen o il latticello.

LA RICETTA DEL CARCIOFO ALLA GIUDIA
Si usano i cimaroli romaneschi: il capolino deve essere sodo al tatto, senza macchie e con le foglie ben serrate, il gambo grande e duro, senza parti gialle e con le foglie verdi. È fondamentale la «capatura» del carciofo, cioè la pulizia: le prime foglie verdi e dure vanno tolte, fino ad arrivare a quelle giallo-rosa alla base; del gambo va tolta la corteccia esterna.

Prima di cucinarli vanno battuti l’uno contro l’altro per allargare le foglie; poi conditi con sale e pepe. A questo punto, la tradizione esige che i carciofi vadano fritti in abbondante olio extravergine d’oliva, ma molti ristoratori utilizzano il più leggero olio di semi. Comunque per friggerli vanno immersi in olio caldo (utile la prova stecchino, guardate nella gallery) per circa 10 minuti, poi vanno tirati fuori e scolati. A questo punto il carciofo deve riposare circa 15 minuti, poi se ne devono allargare le foglie con una forchetta fino ad aprirlo completamente, per poi reimmergerlo nell’olio bollente, sempre per 3 o 4 minuti, premendoli verso il basso per farli aprire ulteriormente. E per renderli ancora più croccanti c’è un trucco.
Seguite nella gallery sopra tutti i passaggi