Il ragù a Napoli è una religione: non manca mai la domenica, non c’è casa che non lo metta sul fuoco di prima mattina, tanto che ne senti il profumo anche mentre cammini per strada. Il «raù», infatti, richiede una lunga cottura, a fiamma dolcissima, di almeno 5 ore: in dialetto si dice «pippitiare», che letteralmente vuol dire «sobbollire». Serve per consentire alla carne di sprigionare tutto il suo sapore e il risultato finale non è mai lo stesso: ognuno ha la sua ricetta e la differenza sta proprio nel tipo di carne che si usa.
Nella gallery sopra trovate la ricetta dei Cannavacciuolo, quella che ancora oggi lo chef Antonino, due stelle Michelin a Villa Crespi e giudice di MasterChef prepara in casa per ricordare l’odore inconfondibile con cui sua madre lo svegliava nei giorni di festa. «Un profumo – dice- che non scorderò mai».
La sua versione di questo grande classico della cucina partenopea prevede solo l’uso di costine di maiale. Una versione più semplice del ragù, che non di rado si prepara anche con muscolo di manzo e braciole di manzo (involtini ripieni di prezzemolo, pecorino, uva passa e pinoli) e persino cotenna di maiale che gli dona un tocco di grasso molto deciso. In ogni caso si sposa sempre perfettamente per con paccheri, ziti e, in generale, tutta la pasta lista – sì, anche le penne – trafilata al bronzo a cui al sugo si attacca alla perfezione. Ultima regola imprescindibile, consigliata da Cannavacciuolo: «ricordate che la scarpetta è obbligatoria!». Per vedere la ricetta sfogliate la gallery sopra
La ricetta delle linguine di Antonino Cannavacciuolo
I consigli di Cannavacciuolo per la pasta perfetta
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