Le puntarelle non sono una verdura a sé, ma una parte, e per la precisione sono i germogli di una particolare varietà di cicoria, la catalogna (a Roma noto come “cicorione”). Un ortaggio che si conosce dalla notte dei tempi (pare sia citato in uno scritto del 1550 a.C.); ne parla in «tempi più recenti» Plinio il Vecchio come di una verdura nota nell’antico Egitto, mentre Galeno di Pergamo, i cui studi hanno dominato la medicina occidentale per 13 secoli, fino al Rinascimento, la consigliava come rimedio alle malattie del fegato.
Delle puntarelle si usano solo i talli, cioè i germogli che crescono nella pianta, simili a piccoli asparagi bianchi, quando sta per produrre fiori e semi. Il gusto è lievemente amarognolo, si consumano crude o cotte, ma i romani preferiscono mangiarle così come sono, fresche e crude. Ma dell’ortaggio non si butta via niente: le foglie avanzate dopo la sfilettatura possono essere usate per fare zuppe, minestre o torte salate.
Hanno un contenuto calorico molto basso: un etto contiene solo 15 calorie, ma è ricco di vitamine, fibre e sali minerali, soprattutto calcio, fosforo e ferro. Le sostanze amare aiutano la digestione e stimolano la circolazione, oltre a favorire l’eliminazione dei grassi dall’intestino. Per questo da sempre vengono usate come intermezzo nei lunghi pranzi delle feste.
Ecco come preparare le puntarelle perfette nella Gallery
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