C’era una volta la cara vecchia faraona, protagonista delle stagioni fredde. Perfetta al forno per la polentata della domenica, ma straordinaria se illuminata a festa con un brivido di gelatina. Oppure arrosto o ripiena, al posto del pollo, per il pranzo della domenica. Le cuoche più brave si spingevano a prepararla con della frutta, ciliegie a persino arancia che peraltro era fondamentale per l’anatra: mai dimenticare che uno dei pochi film italiani con un titolo culinario è stato L’anatra all’arancia di Luciano Salce, del 1975.
Ma torniamo alla faraona, che fa tanto «neo-classicismo», visto che se ne erano quasi perse le tracce. «Invece sino ai primi anni ’90, è sempre stata protagonista nei matrimoni o sulle tavole borghesi – racconta Davide Palluda, chef-patron della stellata Enoteca di Canale – piaceva per la sua nobiltà “casalinga”, visto che non era selvaggina ma al tempo stesso non era un pollo. Per gli eventi, la si faceva spesso in umido, perché prepararla arrosto era un po’ un rischio per i cuochi in quanto ha una carne che tende a diventare asciutta».
In effetti, se da un lato quella della faraona è una carne sostanziosa e importante (ricca di proteine essenziali e ferro), dall’altro la minima quantità di grassi non favorisce naturalmente il sapore. L’animale del resto rientrava originariamente nella selvaggina ma da decenni viene serenamente allevata, cercando di lasciarla in più possibile libera. La consistenza della carne è a metà tra quella del pollo e quella del fagiano: ecco perché vanno impiegate in cucina faraone abbastanza giovani, che si riconoscono dalle zampe ancora chiare. Per gli esemplari di oltre otto mesi di età è bene marinare la carne, in modo da smorzarne la durezza.
In ogni caso, a celebrarne il definitivo ritorno in grande stile – indicativo di una tendenza iniziata qualche anno fa – è stata la Guida dell’Espresso che ha considerato come Piatto dell’Anno 2019 la Faraona in tre servizi, di Massimo Bottura. Non un risotto, non una pasta e neppure una proposta di pesce come capita (quasi) sempre. Un inno alla versatilità della carne che lo chef dell’Osteria Francescana ha trasformato in un’antologia di memorie, citazioni e sapori italianissimi.
Nella gallery in alto vi proponiamo la ricetta delle cosce di faraona al forno con salsa di funghi dello chef Andrea Ribaldone. Qui sopra invece le interpretazioni della faraona per alcuni dei più bravi cuochi italiani.
Ma torniamo a Palluda perchè sul tema è particolarmente ferrato: utilizza la carne per tre valide preparazioni, non a caso molto diverse. Quella classica: in salmì, riproposto con una salsa a base dei suoi fegatini e cognac. «Un secondo intenso, molto elegante che dà il massimo con un Roero tradizionale». Quella creativa ha come cuore l’uovo dell’animale, simile a quello del fagiano. «Lo preparo con una salsa al vino rosso e midollo, con le castagne. Un’entrée raffinata per una cena a base di selvaggina, per esempio. Nel bicchiere, consiglio un Pinot nero». E poi la ricetta che esalta la mano di Davide e conquista tutti i clienti, un signature dish : ravioli di faraona e Marsala. «Mi piace perché dà modo di utilizzare tutte le parti, smontandola: la carcassa, la coscia e il petto danno il contributo per un buon risultato. Un piatto semplice, ma non semplicissimo per via delle cotture diverse dove il Marsala dà il tocco in più. Con un Barbera giovane, regala grandi soddisfazioni». Ne mangeresti trenta di questi ravioli, garantito.
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