Le 10 spezie che non devono mancare in cucina (e come usarle)
Il bello delle spezie e delle erbe aromatiche è che – oltre a essere innumerevoli – ogni cucina le interpreta in modo diverso: quello che per noi è novità o esotico, in altri territori fa parte della normalità. Ecco perchè alcuni elementi come salvia, alloro, rosmarino, prezzemolo, basilico, origano, il prezioso zafferano per un cuoco italiano – professionista o di casa – sono talmente comuni da non meritare enfasi.
Vuoi per la disponibilità sul territorio vuoi perchè sono sempre state protagoniste nella cucina regionale. Dalla salvia per lo spiedo bresciano al basilico per il pesto, dallo zafferano per il risotto giallo al prezzemolo per le salse. O il peperoncino, re della cucina meridionale, non appena arrivato in Spagna dall’America Latina. La svolta risale al XVI secolo con l’apertura della rotta delle spezie – per merito dei portoghesi – che dalle Indie portano in Europa inizialmente pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cannella: un valore commerciale immenso, poiché non servivano solo per insaporire le pietanze, ma anche per realizzare farmaci. Visti i prezzi elevatissimi entrano nelle cucine dei ricchi – in Italia, i primi a goderne sono veneziani e genovesi per via dei rapporti con i portoghesi – per dare il tocco in più e successivamente diventeranno più accessibili. Anche se riservate a piatti non della tradizione, ma fantasiosi.
IL BOOM DELLE SPEZIE
Il vero boom delle spezie in Italia si deve a tre aspetti: la maggiore propensione a uscire dal Mediterraneo per andare in Oriente (dalla Cina al Sud-Est asiatico) scoprendo un utilizzo diverso, la presenza sempre più ampia di locali che celebrano (bene) la cucina etnica e la ‘contaminazione’ per merito dell’alta cucina dove zenzero e dintorni sono entrati di prepotenza. Il secondo caso è quello che ha portato un talento come Paolo Griffa ad appassionarsi al tema. «La mia famiglia ha sempre amato l’autentica cucina cinese e sin da ragazzino per me era un premio andare con loro a gustarla – racconta l’executive chef del Petit Royal, il ristorante stellato del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur – così ho iniziato ad apprezzare i sapori delle loro spezie e in carriera ho sempre cercato di approfondirne la conoscenza diretta.». Tra viaggi in Oriente per lavoro e per diletto, il 30enne piemontese ha assaggiato di tutto e ha persino seguito un corso specializzato sul kimchi, la base della cucina coreana a base di verdure fermentate e spezie che è indigesta a molti italiani. «Lo utilizzo per alcuni piatti del Petit Royal, ovviamente bilanciandolo con estrema attenzione, come è giusto fare con ogni cibo che non appartenga al nostro repertorio classico» spiega.
Griffa ha una passione straordinaria: nella sua dispensa sono presenti quasi 500 spezie («In boccette da 50 grammi, mentre i sacchetti originali sono in un armadio che custodisco personalmente come fosse il mio tesoro» racconta) e le utilizza in tantissimi piatti. «Cerco di trovare la sfumatura giusta in quelle spezie poco utilizzate o sottovalutate nella nostra cucina, per esempio il ginepro o il cumino, ma l’elenco è lunghissimo. Il top restano i mix: anche quelli più rari si trovano in negozi specializzati o nell’e-commerce. Basta provarne uno a base di pepi su un piatto di carne, anche solo alla griglia, per capire la differenza rispetto al semplice pepe nero o rosa. Ma vale anche per dei gamberi crudi: un tocco di una spezia o di un’altra ne cambia totalmente il gusto» sottolinea lo chef stellato del Petit Royal.
LE DIECI SPECIE CHE NON DEVONO MANCARE IN CUCINA
Ovviamente, a casa non ha senso avere centinaia di spezie ed erbe aromatiche. Griffa che ha scelto per noi una decina tra le più interessanti, ne considera utili una cinquantina per ‘coprire’ tutte le preparazioni: da un antipasto di crudo al dessert, senza dimenticare la mixology che sta godendo sempre maggiormente di influenze speziate. «A parte quelle su cui ci sono ricette storiche o che un italiano sa dosare per natura, bisogna avere sempre una mano leggera: si mette un pizzico di spezia, si assaggia, magari se ne aggiunge un po’ e si riprova. Un esercizio molto divertente, secondo me». Poi, è evidente che solo un talento come lui può realizzare un piatto come Tajine di verdure, salsa lassi al cumino e menta, cous cous al limone e cannella, un bellissimo mosaico di vegetali arrotolati e incasellati. Fa parte di un percorso gastronomico che si rifà in modo esplicito alle opere d’arte citate, in questo caso alla Paper Art dell’illustratrice russa Yulia Brodskaya. «Lo preparo nel tajine, la tipica pentola nordafricana in terracotta che si presta benissimo a molte altre cotture. In questo caso, la sorpresa è che il gusto viene dato dal piatto nel suo insieme, e non dalla parte visuale: è un effetto sorpresa, che non ti aspetti. È tutto l’insieme del piatto che si va a completare e piace al cliente. E il segreto sono le salse dove ho impiegato oltre una trentina di spezie».
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