La paella, in Spagna, è una cosa seria. Il piatto nazionale di Valencia può essere fatto in tantissimi modi diversi, ma deviare dalla ricetta originale può esporre a molte critiche e a interminabili dibattiti. Tranne che in un giorno: il 20 settembre. È la giornata mondiale della paella e Valencia, proprio in quel giorno, invita tutto il mondo a dare il suo contributo – che in spagnolo si dice «poner su grano de arroz», cioè letteralmente mettere il proprio granello di riso – con versioni nuove e fantasiose del piatto.
Per il Dia mondial de la Paella la Spagna fa le cose in grande e coinvolge nove città di caratura internazionale in showcooking, masterclass, feste e cene in ristoranti e ambasciate.
A Rotterdam, ad esempio, verrà cucinata per 700 persone, mentre a Tokyo coinvolgerà 40 ristoranti della città e in Ecuador, a Quito, un concorso di paella chiuderà le celebrazioni della Festa della Vendemmia. I passeggeri dell’Alta Velocità tra Madrid e Valencia il 20 settembre potranno infine gustare la paella mentre viaggiano.
La paella nasce in casa di nobili hidalgos, in un passato lontano e indefinito che parte dall’VIII secolo, quando gli arabi introdussero in Spagna il riso, e passa per il XVI secolo, quando in un trattato di Francisco de Paula Martì si mostra «quanto era famoso il piatto di paella». I «signori» però non la avrebbero mai mangiata allora: era il piatto cucinato con gli avanzi delle ricche tavole e consumato dalla servitù che ai resti di piccioni, selvaggina, pesce e verdure univano il riso per dare corpo e volume al piatto.
Ma un’altra storia parla di una ricetta tipicamente contadina, con ingredienti facili da trasportare, da cucinare all’aria aperta e con legno d’arancio, facile da trovare nella zona e che oltre a dare un aroma in più dà un fuoco costante e facile da controllare.
Ecco, il riso. Quello preferito, che ogni spagnolo si porta a casa in qualunque parte del mondo sia (un po’ come noi con gli spaghetti), è una varietà che assorbe tanta acqua ma non risulta colloso, nonostante la cottura prolungata e ad alta temperatura, perché contiene poco amido. I valenciani preferiscono l’arroz Bomba, una varietà pregiata, D.O.C., con un chicco corto e rotondo, di un bianco perlato. Ottime e doc anche le varietà chiamate Senia e Albufera. E non è un caso che la patria di origine sia la zona di Valencia, una campagna ricca di polli, conigli e anatre, con verdure fresche in abbondanza e risaie fertili della zona di Albufera (laguna).
Per tradizione è il piatto della domenica: la sua preparazione laboriosa esige molto tempo. Ma si dice che, specie nell’entroterra valenciano, si consumasse anche di giovedì; forse perché lì il pesce per il brodo arrivava quel giorno. In epoca franchista poi i domestici avevano il giorno libero proprio il giovedì, e alla “signora” lasciavano il mercoledì sera tutti gli ingredienti pronti da cucinare il giorno dopo.
La paella, in realtà, è il nome della padella in cui si cuoce il piatto, che solo più tardi verrà chiamata paellera, anche se in origine quello era il nome della signora che cucinava il piatto. Da un diametro di 20 cm., per una sola razione, si arriva ai 28 per due e i 30 cm. per tre persone. Per 8 persone si arriva a 40 cm e a 55 per 15 persone. Per questo la padella non ha il manico ma due o più maniglie. Inarrivabile quella nel Guinnes dei Primati: la padella aveva un diametro di 21,5 metri per un peso di 23 tonnellate. Le 40 tonnellate di paella vennero distribuite a oltre 100 mila persone.
Per qualcuno la paella migliore è quella più ricercata e dagli ingredienti più costosi: è la paella de mariscos, con frutti di mare, gamberi e calamaro. È solo una delle tanti varianti, per la maggior parte dei valenciani la miglior paella che hanno mangiato nella loro vita è quella della madre, della nonna o del padre.
Quella che segue è la ricetta più utilizzata a Valencia e nei ristoranti della città.
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
1 bicchiere di olio extravergine di oliva
1 pollo a pezzi
1 coniglio a pezzi
300 grammi di fagiolini piattoni freschi.
1 pomodoro medio
1 cucchiaio di peperoncino dolce (i frutti freschi si chiamano “ñoras”, entrano nel pugno di una mano e vanno prima immersi in acqua molto calda, poi aperti e con un cucchiaio o un coltello va raschiata la polpa all’interno evitando i semi, che non si utilizzano)
Zafferano
6 bicchieri di acqua
200 grammi di Garrofó (fagiolo)
Sale a piacere
3 bicchieri di riso
Un rametto di rosmarino
A Valencia è tipico aggiungere lumache, carciofi o anche anatra. C’è anche chi la serve guarnendola con rondelle di limone e chi aggiunge un po’ di aglio al soffritto, anche se su questi ultimi punti ci sono opinioni discordanti.
PREPARAZIONE IN 12 FACILI PASSAGGI
1. Riscaldare a fuoco basso l’olio nella paellera. E’ la padella tipica per cucinare la paella; va dai 20 centimetri ai 60 e oltre, veri “monstre” che di solito si utilizzano nelle feste patronali o nelle fiere.
2. Rosolare il pollo e il coniglio per circa 5 minuti.
3. Aggiungere la verdura lavata e tagliata a pezzi, i fagioli piatti e il pomodoro; è anche il momento di mettere i carciofi se si desidera aggiungerli. Cuocere alcuni minuti fino ad ottenere un soffritto omogeneo.
4. Aggiungere il peperoncino e cuocere a fuoco molto basso per un minuto, poi versare l’acqua.
5. Aggiungere lo zafferano, il garrofó e il sale a piacere.
6. Alzare il fuoco e lasciar bollire per circa 15 minuti.
7. Aggiungere le lumache o l’anatra, se si desidera.
8. Distribuire il riso su tutta la padella.
9. Lasciar bollire altri 15 minuti e provare il brodo. Aggiungere sale se necessario.
10. Gli ultimi 7-8 minuti aggiungere il rosmarino, lasciarlo in infusione circa 5 minuti e poi toglierlo.
11. La paella sarà pronta quando l’acqua sarà evaporata, senza che sia completamente secca.
12. Affinché si formi il ‘socarrat’ (abbrustolito) sul fondo della padella, cuocere ancora qualche minuto a fuoco basso.
A questo punto la paella è pronta. Si usa servirla portando direttamente la paellera in tavola. I valenciani poi, nelle occasioni più conviviali e meno formali, la mangiano direttamente dalla padella, con un cucchiaio di legno. Alcune consigli: il riso non deve mai superare i 2 cm di altezza, esclusi gli ingredienti. Il brodo deve essere il doppio della quantità di riso. Che si gira per i primi minuti sopra la fiamma alta e poi non si tocca più, così da creare uno strato bruciacchiato e croccante che, per gli intenditori, vale tutto il resto del piatto. Poi il riposo: prima di servirla devono passare 5-10 minuti lontano dal fuoco, in modo che il riso assorba tutto il brodo pur restando morbido.
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