“Latte nelle scuole”, torna il programma per creare un’abitudine che duri “tutta la vita”

“Latte nelle scuole”, torna il programma per creare un’abitudine che duri “tutta la vita”

“Latte nelle scuole”, torna il programma per creare un’abitudine che duri “tutta la vita”” è stato pubblicato su Vegolosi, magazine di cultura e cucina 100% vegetale

“Accompagnare i bambini della scuola primaria in un percorso di educazione alimentare, per insegnar loro ad inserire nell’alimentazione quotidiana latte, formaggio e yogurt, conservandone poi l’abitudine per tutta la vita”. Ecco l’obiettivo del programma “Latte nelle scuole” che dal 2016 viene promosso dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e dall’Unione Europea.

Consumi in calo e abitudini da ristabilire

Dal 2016 nelle scuole italiane che vogliono aderire, è possibile che i bambini dai 6 ai 11 anni, assistano a degustazioni, visite guidate nei luoghi di produzione e a lezioni che spiegano il ruolo nutrizionale di latte e formaggi. Il punto è il seguente: “Come tutti gli alimenti, anche il latte e i suoi derivati – si legge sul programma – devono essere inseriti all’interno di una dieta varia ed equilibrata, secondo precise modalità di consumo […] Eppure, proprio i consumi di questi importanti prodotti sono in continuo calo e nettamente al di sotto delle raccomandazioni scientificamente accreditate”.

I dati dei consumi nel nostro paese li ha forniti lo sorso Febbraio lo stesso Ministero della Salute: “Tra il 1998 e il 2020 si stima che il consumo giornaliero di latte si sia notevolmente ridotto passando dal 62,2% (ovvero la fetta della popolazione, con età dai tre anni in su, che lo beve almeno una volta al giorno) al 48,1%. Tale calo si è tradotto da una parte in un aumento del consumo non giornaliero e più occasionale, che è passato dal 18% al 28,7%, e dall’altra in un aumento della prevalenza dei non consumatori dal 17,2% al 22,2%”. Ecco, quindi, la “necessità” di educare i bimbi al consumo con quella formula testuale così forte legata all’abitudine che “dura una vita” (formula che non è presente, per esempio, nel piano “gemello” del Mipaaf legato al consumo di frutta e verdura).

Ricotta vegan di anacardi

Una ricotta vegetale a base di anacardi: qui il colesterolo è assente

I dati sul latte: fa bene, fa male?

Dal punto di vista salutistico, l’Airc spiega che gli studi epidemiologici sugli effetti dei latte e dei derivati sulla salute umana sono ancora molto poco chiari e spesso contraddittori, il motivo è la difficoltà a monitorare davvero i consumi di prodotti molto diversi fra loro (pensiamo alla differenza fra yogurt o formaggio grattugiato, oppure burro e formaggi freschi). “Latte e latticini sono fonti di sostanze preziose per il buon funzionamento dell’organismo – si legge – ma è importante non mangiarne in eccesso e seguire le raccomandazioni degli esperti su quanto e cosa mettere nel piatto”. L’associazione Scientifica di Nutrizione Vegetariana, spiega, però: “I consumo di latte è qualcosa di assolutamente innaturale: il latte è fatto per i lattanti, non per gli adulti, né per i bambini già svezzati, e anche per i lattanti solo il latte umano è adeguato, non quello di altre specie. Non è un caso che tre quarti degli adulti, nel mondo, siano intolleranti al lattosio, in quanto privi dell’enzima (lattasi) necessario ad agire sullo zucchero che si trova nel latte (lattosio); è piuttosto la non intolleranza a essere una stranezza, ma anche chi tollera il latte risente spesso di qualche problema nel consumarlo: pancia gonfia, problemi di digestione, ecc.”.

Rimane poi la questione degli antibiotici e dei farmaci usati sugli animali da latte negli allevamenti e che passano nel latte. Un’inchiesta del giornale “Il Salvagente” verificò la presenza di tracce di “un antibiotico, un cortisonico e un antinfiammatorio in 12 campioni di latte su 21 acquistati nei supermercati”. Queste tracce rientravano nei limiti segnalati dalla legislazione ma era necessario informare i consumatori sul tema, strettamente legato alla questione grave dell’antibiotico resistenza.

Polpette vegane di patate ai ceci e capperi

Delle polpette di verdure condite con lievito alimentare: un insaporitore tratto dal lievito di birra disattivato e che, in molti piatti, può sostituire il formaggio grattugiato.

Latte: la questione etica

Chiaramente il programma del Ministero volto ad aumentare il consumo di latticini fra i più piccoli, non fa cenno alle questioni etiche legate alla produzione del latte e che sono state più volte mostrate dalle associazioni animaliste. Va sempre ricordato, infatti, che il latte è un nutrimento specie-specifico che viene prodotto dai mammiferi – umani compresi – in seguito alla gravidanza. Il latte vaccino, per esempio, per poter essere commercializzato viene munto dalle vacche dopo il parto (una volta eliminato il colostro, il latte “immaturo”); il vitello viene allontanato dalla madre e nutrito con questo primo latte e poi con latte artificiale, per poi diventare un’altra mucca da latte o, se maschio, da carne. Il latte munto, invece, viene raccolto negli allevamenti e poi lavorato per essere utilizzato dalla nostra specie. “Mentre una mucca che allatta (allevata per la sua carne) produrrebbe naturalmente circa 4 litri di latte al giorno- spiega Compassion in World Farming –  una mucca da latte produce in media 28 litri di latte al giorno per un periodo di 10 mesi”. Queste iper produzioni e sfruttamenti portano alla sfinimento degli animali che, spesso ammassati negli stabilimenti, vengono tenuti in “salute” tramite antibiotici che ne prevengano (o curino) le infezioni frequenti, come le mastiti.

Latte: la questione ambientale

Anche l’impatto ambientale della produzione di latte non rientra fra le indicazioni del programma “Latte nelle scuole”, eppure il ruolo degli allevamenti in questo frangente è ormai un dato consolidato. Nel 2019 l’Università di Oxford mise a confronto le emissioni di gas serra per la produzione di latte vaccino e quelle per la produzione di bevande vegetali: “La produzione di bevande vegetali emette circa un terzo delle emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di latte vaccino”. Ma non è tutto. Lo studio spiegava anche la differenza rispetto alla quantità di terreni necessari per produrre queste tipologie di prodotti: mentre per ottenere un bicchiere al giorno di latte di origine animale per un anno occorrono 650 metri quadrati di terreno – l’equivalente di due campi da tennis messi insieme – la stessa quantità di latte di avena, per esempio, ne richiede solo un decimo”.

Sta di fatto che, ancora oggi, le bevande vegetali sono considerate un bene di lusso e tassate con un’Iva del 22% contro quella del 4% sul latte di origine animale, un gradino che non va a colpire soltanto i vegani (piccola minoranza in Italia e anche nel mondo) bensì le milioni di persone allergiche alla proteine del latte o intolleranti al lattosio.

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