Soia: un kit per lavorarla aiuta le donne del Malawi a diventare imprenditrici
“Soia: un kit per lavorarla aiuta le donne del Malawi a diventare imprenditrici” è stato pubblicato su Vegolosi, magazine di cultura e cucina 100% vegetale
Sono state circa duecento le donne del Malawi, paese tra i più poveri dell’Africa e del mondo, a ricevere un kit per la lavorazione della soia, ideato dall’Università dell’Illinois e realizzato dalla Malnutrition Matters – un’organizzazione non governativa canadese – , con l’obiettivo di aiutarle ad avere una fonte di reddito personale e a diventare delle micro imprenditrici grazie all’ottenimento di prodotti derivati dal legume da vendere nei mercati locali.
Il kit si distingue per essere sostenibile nei confronti dell’ambiente ed economico, sia perché non richiede particolari fonti energetiche o spazi dedicati, sia perché insegna alle donne un’economia che si basa sulla coltivazione di un legume iperproteico e non su attività più tradizionalmente diffuse e meno sostenibili, sotto ogni punto di vista, come, ad esempio, l’allevamento del bestiame.
Gli obiettivi del progetto
“Il problema più grande riguarda il valore che i prodotti agricoli hanno nei Paesi in via di sviluppo come mezzo per aumentare i redditi”, ha affermato Pete Goldsmith, direttore del Soybean Innovation Lab (SIL) dell’Illinois e autore dello studio inerente ai dati emersi dal progetto, pubblicato su Food and Nutrition Bulletin. “Le donne sono spesso quelle che si prendono cura dei bambini e degli anziani e che tengono insieme l’unità familiare, quindi aver accesso a un reddito maggiore e a un’alimentazione migliore sono componenti fondamentali per migliorare il tenore di vita delle persone nei Paesi in via di sviluppo“, continua Goldsmith. “Non tutte le tecnologie agricole sono compatibili con le competenze, il tempo a disposizione e le risorse delle donne. Un’attività basata sul cibo come il kit di soia sembra, però, essere appropriata per le donne del Malawi, e per dimostrarlo abbiamo dovuto fare dei test”.
Le donne sono state sottoposte a un periodo di prova del kit di circa 18 mesi, in cui è stato registrato un loro margine di guadagno del 56%, equivalente a un salario di 2 dollari all’ora: non poco, per la media del Malawi.
Il kit: da cosa è composto e a cosa serve
Il kit è composto da elementi molto semplici come ciotole, cucchiai, una tela e un termometro, regalati alle donne insieme a un breve ciclo di lezioni per imparare a usare al meglio gli strumenti, unitamente a un corso di contabilità per monitorare gli effetti del kit sull’economia familiare.
Grazie al kit, le donne del Malawi possono produrre, a partire dalla soia, diversi alimenti da integrare alla propria economia familiare. Dalla lavorazione dei semi della soia, infatti, si possono ottenere bevande, prodotti vegetali simili ai formaggi, yogurt e gelati: tutti alimenti che devono essere consumati nel giro di poche ore perché non refrigerati. Ciò permette sia di non dovere ricorrere all’uso dell’elettricità sia di non avere sprechi producendo solo quello che sarà venduto sul mercato in base alle richieste giornaliere.
La versatilità della soia permette anche la preparazione di prodotti locali come l’okara, una polpa iperproteica, utilizzata sia come mangime per gli animali che come base per prodotti da forno o altri cibi.
Il kit: una risposta all’impoverimento dei terreni africani
La scelta di fornire alle donne una risorsa economica ricavata proprio da un vegetale ricco di proteine come la soia è coerente con gli effetti che il cambiamento climatico sta producendo nel continente africano.
Da uno studio pubblicato su “Nature” e condotto con il sostegno della Gates Foundation dalle Università di Nottingham (Regno Unito), Addis Abeba (Etiopia) e Lilongwe (Malawi) e altri istituti di ricerca, emerge come, in Africa, alcuni cereali siano ormai divenuti poveri di micronutrienti, in quanto la loro qualità non dipende più solo dal tipo di pianta, ma sopratutto dal terreno. Analizzando più di 3mila campioni di vari tipi di cereali e altre piante commestibili provenienti dal Malawi e dall’Etiopia, i ricercatori hanno constatato grandi variazioni nelle concentrazioni di ferro, selenio, calcio e zinco, diverse a seconda del livello di aridità e di contaminazione dei suoli molto più che dal tipo di cereale. In molti casi, si è potuto vedere, come i cereali e i legumi abbiamo poco di nutriente, rispetto alle versioni selvatiche o a quelle di altre zone della Terra, dove il suolo è meno impoverito.
Grazie anche a uno studio, pubblicato su CABI Agriculture and Bioscience, è stato valutato l’impatto dei parassiti delle piante sull’economia africana : 3,6 trilioni di dollari all’anno, cioè 1,5 volte il reddito complessivo del continente.
Anche per questo motivo il kit per produrre derivati della soia sembra essere un’ottima soluzione, basata su evidenze scientifiche, per aiutare a sopperire le carenze nutrizionali causate dalla presenza di suoli e coltivazioni poveri in termini di micronutrienti, oltre a sostenere economicamente popolazioni di Stati molto poveri e con condizioni climatiche difficili, come lo stesso Malawi. È fondamentale ricordare che tutto ciò avviene, inoltre, in maniera sostenibile per l’ambiente, dal momento che la soia è una valida alternativa a tutti gli alimenti proteici di origine animale ed riduce il ricorso a pratiche poco sostenibili quali l’allevamento del bestiame.
“Soia: un kit per lavorarla aiuta le donne del Malawi a diventare imprenditrici” è stato pubblicato su Vegolosi, magazine di cultura e cucina 100% vegetale.
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